divorando curiosità e aneddoti non toccati dal cemento
madre senza tempo contro le vetrate il segno narrato
del passato su e giù per le colonne-sinagoga o muschitta
cosa importa se dai ripiani giunge solo voce
soffia una tintura di brillanti ad osservare i ciclici
ritorni
mani e ponti attorno alle inferriate a seguire l'onda
arresa alle fragili parole dette sottogola
nulla può impedirlo cielo minaccioso
e il resoconto non è sotto i bicchieri
l'aria solida d'agosto immobile come il cenno
distratto dalle architravi o dalla viva malavoglia
stretta nei graffiti a Ballarò, 'nte basuli di
petra antica,
'nte ncagghi e arreri e mura smunuzzati di tant'anni...
che c'entra adesso questo battito tra il pane e lo scirocco
la voce forte del poeta quella che t'inocula coraggio
e l'orgoglio d'essere tra i rami del lungo verseggiare
è chiaro l'andirivieni mai esausto di piccole attenzioni
che fanno d'un accenno una corale larga quanto il cuore
e a dirlo a gesti, ci vorrebbe un sogno
qual'è quel suono tra le a di Baaria che percepisco
senza definirne /dimmi di te vorrei / confini e tempo
oh poesia convessa e fuoco libero oria ca trasi dintra
arrifriscannu l'arma ccu lu vintagghiu di la so parola
ravita di ceusa e menza di spiranza
la somma degli
eventi è uguale al piccolo frammento
sauro diretto all’estinzione fragile come certe logiche del
mare
che non smette di
tornare e ritornare all’interno di una rima
figlia dello stesso
umore o del bacio parallelo al livido
che sa di menta e
cielo… il vento
oh il vento, sentite
le sottili variazioni del vibrato assolo
mentre la giumenta
fantasma delle mura coricate
spalma di mantelli
il basolato /ecco la birra e resta
fredda/
sulle ginocchia
rivoltose, vento che non porti nulla
se non un
parapiglia di mancate fontane -ci abiteresti tu-
l’artista non cede
ai rumorosi giochi e consacra barocchi
quasi rococò i
sintomi di un tempo sulle gradinate
piano, quasi fosse
a sé diretto il colpo di tutto quel colore
/sono nato li/ travasa la distanza tra le scintille glabre
di un’unica
emozione -ah i bambini a fare i grandi-
sarà uscito saturno
dall’acquario o era un pendolo
a indicare l’eco attorno
al colonnato ma se ogni strada
davvero conducesse
a Roma come ci arrivo al cuore
‘ccu‘nsuli munzignaru ca si ‘nni lava i manu
e na luna -viro e no‘nviru- ca parra parra e non mi dici
nenti
1 commento:
emozione condivisa ed un sentire nuovo che avverto nel tuo dire e nella scrittura, forse ché nuova sia la scelta d'essere consapevole della propria poesia come della propria gioia. Complimenti Seb, mi piace molto questo tuo canto che poi è già nostro. Grazie.
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