lunedì 20 gennaio 2014

Qui piove sempre


rispondendo e poetando con Alessandra Piccoli



A te che senti l’odore
di un pasto friabile
che annulla la distanza
tra il tuo cuore
e i miei capelli
e mordi il tempo
quello che rimane
tra le righe segnate
dalle gocce sui vetri
perché qui piove sempre
a ricordarci che siamo
anima e carne
uomini e maiali
santi e puttane
e accendi luci
spalanchi finestre
cercandomi ovunque
nella stanza tra le pieghe
mi guardi oltre il fumo
mi ami oltre confine
mi odi a parte tutto
per le mie pose sconce
e la mia intermittenza

cerchi i segni
di un incanto assorbito
dalle finestre rotte
cerchi avanzi
di teneri esterni
ma noi
che senti l’odore
noi che chiamo
a scatti, noi
chi rigurgitiamo parole
come sentieri paralleli
e dei coltelli
potremmo farci
gli amori
ma anche qui piove sempre
per ricordarci
che l’anima non ha senso
senza il suo contrario
proprio come noi
pioggia di segni
in linea tra loro
 La mattanza dei nostri contrari
dove le anime muoiono
 e si fondono su quei vetri
 scivolando lievi
in storte direzioni
e io che disegno
con le dita sempre sporche
e contengo
i tuoi deragliamenti
ma è inutile
e te ne vai lasciandomi solo
dita bagnate
e ricordi a pioggia di catene
 leggere come fumo

sarebbero mimose le mattanze
se quelle voci le disponessimo come stelle
 e con un abracadabra
potremmo aprire le gole
a nuovi canti
tu che disegni, tu
che contieni
tu che ami a parte tutto
lascia che si muovano da soli
ché sono vivi
quei contrari
e cercano porte e candelabri
dietro le colline
 prati di erba infinita
che fu la mia pelle
leccata e succhiata
e bagnata di quei canti
che amavi intonare sul mio ventre
che tremava e ti osservava
clandestino e furtivo
rubarmi l'ultimo fiato
prima di un addio
e dell'ultima corsa verso
la tua cattedrale rifugio del mai
dove ti perdi e ti cerco
sapendo che sempre e per sempre
sarai agonia anche tu,
per questo ti odio,
ad intermittenza, e
per questo ti amo.
smetterà di piovere se lo vorremmo
e potranno riaprirsi le serrande
ma se potessi dare un nome
al fuoco che mi brucia
quello è il tuo e se potessi
se davvero riuscissi ad afferrare
quell'essere che intermette
che ama e odia e brilla
come paillette sulla mia intera pelle
se volessi scrivere, se volessi gridare
che di grida si può morire
solo poche sillabe per dire il desiderio
e ti voglio carne e morte mia


1 commento:

Marco Galvagni ha detto...

Vera poesia, poesia di spessore, pregnante e densa di richiami condotta in maniera magistrale attraverso immagini nitide legate a sottili metafore che si snoda in maniera coerente mediante versi di media lunghezza sempre e comunque ben levigati, con continue invenzioni semantiche che non la fanno mai cadere nel banale.