il disco
s’inceppa continuamente ma non importa
se dal
finestrino vedo solo neve e qualche sparuto ciuffo di betulle
[“quando vedrai le betulle
bianche vorrà dire che siamo in Russia “
diceva la signora Lenin a suo figlio]
ma dove andiamo senza nemmeno un fumaiolo
che ci ricordi la famiglia
il gesto di papà la crudeltà
del fuoco il fotoromanzo della mamma
e quell’anta socchiusa che risucchia come un
buco nero
verso
un passato ancora da vivere compresso dai
tanti “e se”
senza più borie senza diamanti o eventi
spettacolari
solo filamenti di poco altari diroccati
boomerang integerrimi
[“tanti
nenti ammazzunu ‘n cavaddu” e questo
lo diceva mio
padre e senza nemmeno un forse]
ma il paesaggio cambia si assestano nuove
rune lingue eso(ero)tiche
a dispetto di sommi baluardi che hanno
concesso una storia
che comunque non ci ha insegnato nulla se
non l’esempio da seguire
restano gli alberi immutati o espansi dal
vetro delle innumerevoli finestre
protetti dalla luna ed accerchiati dalle
cattedrali numeri perfetti
che dovrebbero produrre disagio piuttosto
che complesse emanazioni
distanze enormi e fraintese nel breve segno
di una vita
che vista da Andromeda potrà sembrare solo
ridicola
*
[il mio paradiso è un eterno aprile
una vacca che lecca il suo vitello
il pugno di margherite dopo l’attesa
si direbbe il primo dente e l’ultima risorsa
il tono della cornamusa nella testa
o l’immensa distesa di parole-comparsa
sul dorso di cani che mordono la strada
e piano, vanno via]
una fila di quadri ricorda
certe bellezze
*
i
giravolta ah quei giravolta che
cambiavano i dintorni
[bastava uno
specchio ed una croce tra i seni finto-trascurati]
e della
rucola presa con le dita idea e bocca del dopo
ah i
giravolta spaziali moltiplicatori dei sensi e delle mani
sugli abbandoni
viscerali sulle sospensioni nei codici prescritti
ed inventati
dal bisogno d’esserci [non riflessi] nomi incisi sottopelle
davvero un
noi espanso nell’interezza dei dettagli
sono muri le
parentesi che contengono gli episodi fuori della vita
sostanze
amorfe quadre che non legano la storia
passeggiate
senza scarpe
-abbracciati
alla speranza che nessuno ha visto-
qualche
puntata delle ventiduemila senza cielo né radici
*
un ciclo
strano porta e riporta sugli stessi sbagli
[un topogatto
che non resiste ad uccidere la metà di se]
senza domande nella stanza
dove si ama e si odia
e si discute
sul come tagliarsi i piedi
mentre il
vento del domani già raccoglie la polvere-lapide
che ci farà
somigliare -finalmente- alle stelle
c’è un amore dietro il
maglione, puoi prenderlo se vuoi
7 commenti:
Incantata, davvero.
Davvero bravo, quella cheio chiamo "tensione" poetica rimane sempre alta...
Veramente grazie Federica. sai che trovo molte similitudini nelle nostre scritture? ne parleremo!
Grazie.
Giuseppe è veramente bello ciò che dici. Grazie tantissime.
Me ne farò un regalo di poesia e di memorie necessarie, per domani.
Antonino
Ed io ne sono ultralieto Antonino. Grazie amico mio.
sempre più composita e visionaria la tua scrittura
uno sciame di ali e cadute, di riflessi, di "tendersi" con la voce fino ad una breve "somiglianza"
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