mercoledì 17 aprile 2013

[parentesiquadre]


il disco s’inceppa continuamente ma non importa
se dal finestrino vedo solo neve e qualche sparuto ciuffo di betulle

             [“quando vedrai le betulle bianche vorrà dire che siamo in Russia “
             diceva la signora Lenin a suo figlio]

   ma dove andiamo senza nemmeno un fumaiolo che ci ricordi la famiglia
                   il gesto di papà la crudeltà del fuoco il fotoromanzo della mamma
   e quell’anta socchiusa che risucchia come un buco nero
   verso un passato ancora da vivere  compresso dai tanti  “e se”
   senza più borie senza diamanti o eventi spettacolari
   solo filamenti di poco altari diroccati boomerang integerrimi

   [“tanti nenti ammazzunu  ‘n cavaddu”  e questo  lo diceva mio
   padre e senza nemmeno un forse]

   ma il paesaggio cambia si assestano nuove rune lingue eso(ero)tiche
   a dispetto di sommi baluardi che hanno concesso una storia
   che comunque non ci ha insegnato nulla se non l’esempio da seguire
   restano gli alberi immutati o espansi dal vetro delle innumerevoli finestre
   protetti dalla luna ed accerchiati dalle cattedrali  numeri perfetti
   che dovrebbero produrre disagio piuttosto che complesse emanazioni

   distanze enormi e fraintese nel breve segno di una vita
   che vista da Andromeda potrà sembrare solo ridicola
  
   *

   [il mio paradiso è un eterno aprile
   una vacca che lecca il suo vitello
   il pugno di margherite dopo l’attesa
   si direbbe il primo dente e l’ultima risorsa
   il tono della cornamusa nella testa
   o l’immensa distesa di parole-comparsa
   sul dorso di cani che mordono la strada
   e piano, vanno via]

   una fila di quadri ricorda certe bellezze 

  *

i giravolta  ah quei giravolta che cambiavano i dintorni
[bastava uno specchio ed una croce tra i seni finto-trascurati]
e della rucola presa con le dita idea e bocca del dopo
ah i giravolta spaziali moltiplicatori dei sensi e delle mani
sugli abbandoni viscerali sulle sospensioni nei codici prescritti
ed inventati dal bisogno d’esserci [non riflessi] nomi incisi sottopelle
davvero un noi espanso nell’interezza dei dettagli

sono muri le parentesi che contengono gli episodi fuori della vita
sostanze amorfe quadre che non legano la storia
passeggiate senza scarpe
-abbracciati alla speranza che nessuno ha visto-
qualche puntata delle ventiduemila senza cielo né radici

*

un ciclo strano porta e riporta sugli stessi sbagli
[un topogatto che non resiste ad uccidere la metà di se]
                   senza domande nella stanza dove si ama e si odia
e si discute sul come tagliarsi i piedi
mentre il vento del domani già raccoglie la polvere-lapide
che ci farà somigliare -finalmente- alle stelle
  

              c’è un amore dietro il maglione, puoi prenderlo se vuoi




7 commenti:

federica sabbatini ha detto...

Incantata, davvero.

Giuseppe Barreca ha detto...

Davvero bravo, quella cheio chiamo "tensione" poetica rimane sempre alta...

Sebastiano A. ha detto...

Veramente grazie Federica. sai che trovo molte similitudini nelle nostre scritture? ne parleremo!
Grazie.

Sebastiano A. ha detto...

Giuseppe è veramente bello ciò che dici. Grazie tantissime.

Antonino Caponnetto ha detto...

Me ne farò un regalo di poesia e di memorie necessarie, per domani.
Antonino

Sebastiano A. ha detto...

Ed io ne sono ultralieto Antonino. Grazie amico mio.

elina11 ha detto...

sempre più composita e visionaria la tua scrittura
uno sciame di ali e cadute, di riflessi, di "tendersi" con la voce fino ad una breve "somiglianza"