venerdì 19 febbraio 2010

Marta ha preso un libro


Marta ha preso un libro
-era l’ultimo all’edicola, è fortunata Marta -
parla di storie di mani contadine, mi parla di riflussi
e negazioni, rughe avvolte in carta grezza e figli morti
di sifilide
Racconta, Marta, delle prospettive usurate in lento scorrere
della protagonista con deodorante fumo di castagno
e pane tra le dita,
del persistente odore d’orzo la mattina, del miele di carrubo e
i suoi antibiotici. Strani i concetti del “servire” confuso dono
matriarcale che alza lo sgabello del maschio seminante
a ruolo di monarca, corona in plastica e posto a capotavola.
Salta il mistero mariano -ci tornerà più tardi- racchiuso nell’icona
ma sparso dappertutto come talco o semi di basilico novello.

Gira la ruota e gira la sostanza dell’effimero riguardo,
settant’anni nello schiocco delle dita, dalla romana frusta all’obice,
dall’omeopata al cobalto, rimane il seme miracolo immutato.
È veramente un discorso nobile quello che dice:
“Ciò che la vita promette a noi, sia la promessa che noi onoriamo alla vita!”
( Friedrich Nietzsche)
Ed è li che s’imbocca la distanza. nella promessa per scarsa visuale:
oltre la siepe non c’importa!
Marta lo sa e salta sulle cime senza curarsi del sangue sotto l’ unghia

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