-mi chiamo Marta, non ho figli e ho la luna nell’acquario-
mentre crollavano i miti e si erigevano i cartoni dei divi
tra messaggi d’ammirazione e ingiunzioni di pagamento
dicevi - esorcista della sera- magra d’insalate e d’eroina
[ti vuole il parco Marta, nel germoglio nuovo
ti vuole il parco nell’invisibile sempreverde]
dorsale stremata della vita anonima
che l’argine mai risanato ha portato a valle senza domande
senza richiami nemmeno ombre a cui legarsi e sopravvivere
con solamente un sogno ormai confuso dalle piaghe
[ricordi Marta bambina i giochi mentre si spengono le ultime mani
e una mamma che ti lega bene il fiocco rosa]
numeri incisi sul granito ora dormi il terribile silenzio
sotto i passi noncuranti dei “te-lo-sei-cercato” e niente
che ripeta il tuo dolore quando un pugno chiuse la speranza
e i calendari smisero di contare
[ti vuole il parco Marta, per l’antico cordoglio
ti vuole il parco per tutti i domani]
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