duetto con Annamaria Giannini
se volessimo fermare quell’attimo
che distingue un profilo
dalla gobba di un deserto e lo
sbuffo di megattere confuso dalle nuvole
ci vorrebbe l’artiglio d’un
perché, la pazienza risoluta delle
ortiche
il non volere rimanere immobili
come gechi dietro le grondaie
sapessi volare più lontano delle
ombre oltre la parola
direi di certo delle anomalie che
stravolgono l’essenza
spiegherei senza voce del grido
inascoltato, desiderata pace
non intercettata dai satelliti
se le sedie mettessero le ali…
senza visiere, ad occhi larghi
così come gli angeli d’un tempo
tessuti dal ventre bisognoso
volerei d’abbracci e lascerei
cadere in tutto quel di sotto
versi
*
se volessimo sapere di quanti se
è fatto un uomo
di quante volte il cielo non risponde, si limita a piovere
lasciando ai piedi la scelta della strada e ai fianchi
in quale curva morbida piegarsi per dormire
sapessi scegliere tra la fertilità e il coraggio
di bastarmi, senza avere un cuore che batte
all'unisono per vivere davvero o credere di farlo
lascerei le mani libere di disegnare il vento
se fossero di tutti i nostri figli, cresciuti
dallo stesso pane senza la schiavitù di un piatto
che porta il nome inciso, la sedia vuota non farebbe male
direbbe solo attesa di altre anime, altri racconti
di quante volte il cielo non risponde, si limita a piovere
lasciando ai piedi la scelta della strada e ai fianchi
in quale curva morbida piegarsi per dormire
sapessi scegliere tra la fertilità e il coraggio
di bastarmi, senza avere un cuore che batte
all'unisono per vivere davvero o credere di farlo
lascerei le mani libere di disegnare il vento
se fossero di tutti i nostri figli, cresciuti
dallo stesso pane senza la schiavitù di un piatto
che porta il nome inciso, la sedia vuota non farebbe male
direbbe solo attesa di altre anime, altri racconti
*
c’è una crudeltà infinita nei
ricordi involontari
dei giorni messi a lato, negli
orinatoi
che dovrebbero andar via senza
perché
privi di risposte o verdi in
chiaroscuro
la scelta è indispensabile ma
carica di gnomi
e se sapessi cosa si nasconde
oltre quelle risa
andrei di certo incontro alle
maree
fino a toccarmi il cuore per
sentirne l’attimo
ma se volassero davvero, se
veramente uscissero
dai piani troppo densi dove gli
altri figli rimangono sospiro
aspetterei alle porte un altro
inganno mostrando con orgoglio
ali
*
ti sei mai chiesto la giustizia
della pioggia
quando dai tetti porta via tutta la polvere
senza distinzione tra un marciapiede sporco
e i gradini di marmo che portano all'altare
puoi piegare i gomiti in preghiera
o liberare gli occhi dalle tende scure
perché possa scrivere due parole sui tuoi fogli
il vento, che solo a dirlo ci sembra di cantare
ma se volassimo davvero, se veramente riuscissimo
a ridere delle beffe degli gnomi abbracciando i figli
sarebbe altissimo il tetto, si aprirebbero alle finestre
quadri
quando dai tetti porta via tutta la polvere
senza distinzione tra un marciapiede sporco
e i gradini di marmo che portano all'altare
puoi piegare i gomiti in preghiera
o liberare gli occhi dalle tende scure
perché possa scrivere due parole sui tuoi fogli
il vento, che solo a dirlo ci sembra di cantare
ma se volassimo davvero, se veramente riuscissimo
a ridere delle beffe degli gnomi abbracciando i figli
sarebbe altissimo il tetto, si aprirebbero alle finestre
quadri
*
nessun applauso ad una pioggia
glorificata solo dalla sete
con la giustizia dentro ogni
molecola stretta nei sorpassi
quando fiume sembra avere fretta
di riposare giù nel sale
né ardesie né porfidi per
l’inchino del giunco, né ori
alle dita della congiunzione tra
un muoversi d’arie e sillabe di poesia
fuori dal sogno servono le ali
per capire le basse sottoparole
dai rimbombi devastanti e solo se
quelle immobilizzanti sedie
mettessero le ali potremmo
stringere anche i figli più lontani
con braccia d’acqua o -vedi dove
arrivano le menti- con solamente
amore
*
prova a immaginarle tutte quelle
sedie, troni
o panchine di legno ad incontrare fessure nuove
interstizi, campi di lavanda a perdifiato
e ancora cercando la gola bianca della radice amore
fuori dal sogno servono le ali hai scritto
io non aggiungo altro se non che nella stanza va a morire
ogni parola leggerissima, pensare che basterebbe dire
vita
o panchine di legno ad incontrare fessure nuove
interstizi, campi di lavanda a perdifiato
e ancora cercando la gola bianca della radice amore
fuori dal sogno servono le ali hai scritto
io non aggiungo altro se non che nella stanza va a morire
ogni parola leggerissima, pensare che basterebbe dire
vita
*
sai cosa c’è per cena
niente ripieno di menzogne e un
po’ di zafferano
3 commenti:
Pura schifezza. Un accozzaglia di parole senza significato ne senso, senza ne capo e ne coda, che mostrano solo una scarsissima cultura letteraria non disgiunta alla arrogante presunzione di sentirsi poeti.
Beata ignoranza dei frequentatori dei centri sociali...
UN'accozzaglia vorrebbe l'apostrofo, sorrido a sentire tali critiche da chi ignora la grammatica italiana- Complimenti a Sebastiano e Annamaria. la lettura mi ha emozionato.
io mi firmo
Sergio Bancale
A peracottaro, ma nvedi d'anna affanculo. In vita tua l'unica cosa che hai letto è una schedina e quando l'hai scritta l'hai pure sbagliata! Ma mpara a guidà a machina piuttosto...se no ti rompi le corna un altra volta.. ahahahahah!!!
Posta un commento